Effetto combinato delle catechine del te verde e dell’esercizio fisico sul grasso addominale

L’analisi della distribuzione del tessuto adiposo, in persone obese, è considerato fondamentale. Da anni si sa che il grasso addominale (ossia quello presente a livello dell’addome), non è solo un tessuto di deposito energetico, ma un tessuto “vivo” che interagisce con gli altri tessuti. Un eccesso di grasso addominale è dannoso, poiché è associato a modificazioni del metabolismo lipidico, e rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di patologie cardiovascolari. La valutazione della distribuzione del grasso permette di definire il rischio cardiovascolare e d’intervenire nel modo più appropriato.
Un recente studio (Maki K. Et al.; 2009) ha evidenziato che una regolare assunzione di catechine (derivate da estratto di tè verde), unita ad un regolare esercizio fisico aerobico, contribuisce alla riduzione del grasso addominale, e conseguentemente influisce in modo positivo sul rischio di sviluppo di patologie cardiocircolatorie e sindrome metabolica.
Per lo studio sono stati selezionati 107 tra maschi e femmine obesi, che sono stati casualmente divisi in due gruppi, ognuno ricevente una diversa supplementazione giornaliera di catechine e caffeina per 12 settimane:

  • gruppo 1: 625 mg/die di catechine e 39 mg/die di caffeina in soluzione, da diluire in 500 ml di acqua;
  • gruppo 2: soluzione a base di sola caffeina (39 mg), assunti con stesso quantitativo di acqua ed avente ugual colore, forma e sapore di quella utilizzata per il gruppo 1.

Tutti i partecipanti allo studio hanno praticato 3 volte alla settimana attività fisica di moderata intensità (aerobica) per una durata di almeno 180 minuti/settimana, mantenendo un apporto energetico costante.
I risultati hanno mostrato un trend di maggior riduzione di peso nel gruppo che assumeva catechine rispetto al gruppo che assumeva solo caffeina (rispettivamente -2,2 kg e -1,0 kg). Sebbene la percentuale di variazione totale di massa grassa sono risultate simili nei due gruppi (-5% e -3,5%, rispettivamente), la riduzione di grasso addominale (-7,7% nei soggetti assumenti catechine e -0,3% in quelli assumenti solo caffeina), della trigliceridemia e degli acidi grassi liberi plasmatici sono state significativamente maggiori nel gruppo 1.
In questo studio, la supplementazione giornaliera con catechine estratte dal tè verde, associata ad una regolare attività fisica aerobica, ha determinato una maggiore riduzione di peso e del grasso addominale, nonché un miglioramento dei livelli di lipidi ematici. Questi risultati evidenziano un ruolo importante delle catechine nella riduzione della massa adiposa, particolarmente quella addominale, e suggeriscono un loro effetto positivo verso il rischio di insorgenza di Obesità viscerale, sindrome metabolica e malattie cardiovascolari.
Riferimenti Bibliografici

Kevin C. Maki, Matthew S. Reeves, Mildred Farmer, Koichi Yasunaga, Noboru Matsuo, Yoshihisa Katsuragi, Masanori Komikado, Ichiro Tokimitsu, Donna Wilder,3 Franz Jones, Jeffrey B. Blumberg, and Yolanda Cartwright. Green Tea Catechin Consumption Enhances Exercise-Induced Abdominal Fat Loss in Overweight and Obese Adults. The Journal of Nutrition; 2009.

La propoli, elemento ad alta concentrazione di flavonoidi, è un antico rimedio a supporto della funzionalità delle prime vie aeree

La propoli è prodotta dalle api ed è composta principalmente da secrezioni resinose che le api raccolgono sugli alberi (pioppi, abeti, olmi, betulle, ecc.) e che poi mescolano con saliva e cera.

La scoperta e l’utilizzo della propoli risalgono a tempi antichissimi, circa 6000 anni fa. I sacerdoti egiziani la usavano per mummificare le spoglie dei faraoni, mentre i medici la impiegavano per trattare le infezioni della pelle e dell’apparato respiratorio, e come cicatrizzante e disinfettante delle ferite. Negli ultimi decenni, la ricerca scientifica ha messo in evidenza le proprietà e le azioni dei componenti della propoli, tra cui ricoprono un ruolo importante i flavonoidi, presenti per un 10% circa, che assicurano gran parte delle sue proprietà antimicrobiche.

Molto recentemente la propoli e le sue funzionalità sono state oggetto di una riesamina della letteratura. Il lavoro di Viuda-Martos e coll. (2008) valuta l’uso di un integratore a base di estratto di propoli in persone asmatiche. In questo studio, 46 persone di ambo i sessi (età 19-52 anni), colpiti da moderati attacchi di Asma da almeno 2 anni, sono stati suddivisi in 2 gruppi che assumevano un placebo o estratto acquoso di propoli (400 mg/d; propoli originaria del Sud America con una concentrazione del 0.05% di flavonoidi). Tutti i pazienti durante il periodo di trattamento mantenevano la propria regolare terapia a base di teofillina, senza assumere corticosteroidi o altri farmaci specifici. All’inizio, dopo 1 mese ed alla fine del trattamento, in tutti i soggetti è stata determinata la funzionalità ventilatoria (capacità polmonare), la concentrazione e la presenza di eventuali marker ematici di infiammazione (citochine) e il numero di attacchi d’asma notturni.

Al termine della sperimentazione, il gruppo trattato con propoli ha presentato una riduzione significativa del numero e della severità degli attacchi notturni d’asma (da 2.5 a 1 a settimana) e un’aumentata capacità ventilatoria (>50%) rispetto i valori iniziali.

Inoltre, i miglioramenti clinici descritti erano associati ad un abbassamento dell’oltre il 50% dei valori serici di citochine pro-infiammatorie. Al contrario, nei pazienti trattati con placebo non si sono osservate differenze significative nei diversi parametri misurati.

I risultati ottenuti dimostrano una forte capacità dell’estratto di propoli di agire positivamente sullo stato infiammatorio in persone asmatiche e tali effetti, secondo gli autori, sono da attribuire alla composizione del prodotto che include alte quantità di flavonoidi e acido caffeico. L’estratto di propoli, usato come integratore, appare pertanto idoneo come coadiuvante nel trattamento di stati infiammatori oro-faringei associati ad asma.

A cura della prof. Alessandra Bordoni (Dietologa), e dr.a Marta Baldini (Esperta in nutrizione ed attività fisica )

Riferimenti Bibliografici

Viuda-Martos M, Ruiz-Navajas Y, Fernández-López J, Pérez-Alvarez JA Functional properties of honey, propolis, and royal jelly J Food Sci. 2008 Nov;73(9):R117-24.

Khayyala MT, El-Ghazaly MA, El-Khatib AS, et al. A clinical pharmacological study of the potential beneficial effects of a propolis food product as an adjuvant in asthmatic patients. Fundamental & Clinical Pharmacology 17 (2003) 93–10217 (2003) 93–102.

Integrazione giornaliera con probiotici per un miglioramento dello stato di benessere generale dell’organismo

Il termine “probiotico” deriva dal greco: “pro-bios” e significa a favore della vita. Basandosi sulla definizione del ricercatore inglese Fuller (1989): “il probiotico è un microrganismo vivente che esercita un effetto positivo sulla salute dell’ospite con il risultato di rafforzare l’ecosistema intestinale”. Grazie ai contributi della scienza, nel tempo, si è estesa anche in occidente la cultura dei dell’uso dei probiotici, come un’integrazione a favore delle funzionalità dell’intestino attraverso l’attività di determinate colture batteriche vive e vitali. I batteri più usati in preparati probiotici appartengono ai generi Bifidobacterium e Lactobacillus. Tuttavia sono utilizzati anche microrganismi appartenenti ai generi Streptococcus, Leuconostoc, Pediococcus, Propionibacterium e Bacillus.

Problematiche legate ad alterazioni della funzionalità intestinale sono sempre più diffuse nella società moderne, per lo più associate a stili di vita non adeguati e a condizioni stressanti. Questa situazione può provocare nella persona uno stato caratterizzato da ansia, spossatezza, stanchezza muscolare, problemi di attenzione, concentrazione, memoria e cefalea. Si stima che in Italia vi siano circa 200-300.000 persone che accusano questo stato di alterazione, soprattutto giovani e donne, con una età media di insorgenza intorno ai 30 anni.

Recentemente, Sullivan e collaboratori (Sullivan et al., 2009) hanno analizzato gli effetti indotti da un integratore a base di probiotici (4 dl- Lactibacillus paracasei, Lactobacillus acidophilus e bifidobacterium lactis), contenente 108 unità formanti colonie (cfu/ml), sullo stato di benessere complessivo, sulla sensazione di fatica e sui livelli di attività fisica di 15 soggetti affetti da stanchezza cronica. L’integratore veniva assunto 2 volte al giorno, per 4 settimane consecutive.

All’inizio della ricerca, dopo 30 giorni di trattamento e al termine della ricerca sono stati valutati alcuni fattori quali fatica, dolori muscolari, capacità di memoria, di concentrazione e il livello di attività fisica giornaliera svolta dai soggetti.

Tutti i soggetti hanno presentato un miglioramento significativo della sensazione di fatica e del dolore muscolare al termine dei 70 giorni di trattamento, e un miglioramento delle capacità neuro cognitive (memoria e concentrazione) già dopo 40 giorni. In 10 soggetti è stato evidenziato un significativo aumento del livello di attività fisica giornaliera. Durante il periodo di trattamento non si è presentato nessun caso di disfunzionalità o alterazioni intestinali.

I risultati ottenuti da questo studio possono essere un punto di partenza per lo sviluppo di nuove strategie di intervento a base di integratori di probiotici, nell’ottica di un miglioramento generale dello stato di salute della moderna società occidentale, sempre più afflitta da stanchezza, nervosismo e stress. A cura della prof. Alessandra Bordoni (Dietologa), e dr.a Marta Baldini (Esperta in nutrizione ed attività fisica )

Referenze

Sullivan A, Nord CE, Evengard B. Effect of supplement with lactic-acid producing bacteria on fatigue and physical activity in patients with chronic fatigue syndrome. Nutritional Journal. 2009

Antiossidanti alla base della Dieta della felicità

Nutrizionisti e psichiatri sostengono ormai da anni il potenziale ruolo della Dieta e dei composti contenuti negli alimenti sul benessere della nostra psiche. Evidenze scientifiche ribadiscono infatti il ruolo e le proprietà benefiche degli antiossidanti. Giovanni Scapagnini, biochimico clinico dell’Università del Molise afferma che fino ad ora gli studi scientifici alla base di questa teoria si sono concentrati sulla capacità di alcuni alimenti di modulare il rilascio e la sintesi dei neurotrasmettitori responsabili del tono dell’umore, quali serotonina, dopamina e noradrenalina. Nell’ambito dell’ultimo congresso della Società Europea di Neuro Farmacologia, che si è da poco concluso a Parigi, è stato posto invece l’accento su un’altra possibile via di Influenza degli alimenti sulla sfera psichica: l’apporto di sostanze antiossidanti e il loro ruolo sul benessere mentale.

Durante il Congresso il prof. Michael Maes (*) ha presentato numerosi dati sperimentali e clinici riguardo l’effetto di antiossidanti nutrizionali sui disturbi del comportamento. Proprio Maes è stato uno dei primi scienziati a dimostrare uno stretto nesso causale tra Stress ossidativo a livello cerebrale e depressione. Negli ultimi mesi sono stati invece pubblicati studi scientifici che dimostrano la capacità di vitamine antiossidanti, quali la vitamina C e la vitamina E, di ridurre i sintomi depressivi. Molti polifenoli vegetali, come ad esempio la curcumina e le catechine del tè, hanno dimostrato anch’essi la capacità di ridurre disturbi del comportamento, e tale azione è stata direttamente associata alle proprietà antiossidanti e antiinfiammatorie di questi composti. Un paio di anni fa, lo studio spagnolo SUN, condotto dall’Università di Navarra, ha dimostrato come l’aderenza alla Dieta mediterranea e la corretta assunzione di sostanze nutrizionali ad azione antiossidante svolga un ruolo benefico nei confronti dell’insorgenza di disturbi depressivi nella popolazione sana. Un lavoro sviluppato nell’ambito dello studio InChianti, condotto in Toscana su una popolazione di circa 1000 anziani, ha recentemente evidenziato come la scarsa assunzione alimentare di carotenoidi e un basso livello ematico di queste sostanze, sia fortemente associato ad un maggior rischio di sviluppare depressione. Uno studio particolarmente interessante, appena pubblicato sulla rivista Journal of Affective Disorders, è stato presentato dal professor Berk, dell’Università australiana di Melbourne, che ha mostrato come l’N-acetil-cisteina, un integratore antiossidante precursore del glutatione, somministrato a persone con disturbo bipolare, sia più efficace dei farmaci antidepressivi nel ridurre la sintomatologia depressiva. Ciò che risulta da questi studi è che una “dieta della felicità” dovrebbe sicuramente contemplare una adeguata assunzione di sostanze, come quelle presenti in frutta e verdure, in grado di ridurre Stress ossidativo e infiammazione a livello cerebrale.

(*) Director Clinical Research Center for Mental Health (CRC-MH) vzw (Klinisch Onderzoekscentrum Geestelijke Gezondheidszorg), OCMW, Antwerp, Belgium

La Grindelia, un’utile risorsa naturale per la tosse

La Grindelia, originaria delle regioni paludose della California e del nord del Messico, è una specie rustica appartenente alla famiglia delle Asteraceae. Questa pianta erbacea tende a lignificare alla base assumendo l’aspetto di un cespuglio; i suoi fusti sono ramosi e le foglie allungate a margine seghettato. La secrezione resinosa avvolge e ricopre tutte le parti aeree delle piante di Grindelia e il fiore di color giallo acceso, detto capolino.

La Grindelia veniva tradizionalmente usata dagli Indiani d’America per le sue funzioni sedative della tosse ed, inoltre, anche per trattare alcune affezioni cutanee come irritazioni e scottature. Grazie alle attività antispasmodiche, espettoranti, antiflogistiche ed antibatteriche di questa pianta, oggi i suoi estratti sono un efficace alleato in caso di tosse, bronchite, catarro, spasmi della muscolatura bronchiale e pertosse.

La Grindelia contiene due tra i flavonoli più noti, la quercitina e il kempferolo, composti particolarmente interessanti per quanto riguarda i loro effetti sulla salute umana. Nello specifico, queste sostanze sono in grado di inibire un enzima rilasciato durante il processo infiammatorio, la cosiddetta “l’elastasi leucocitaria”, che può danneggiare l’epitelio respiratorio se prodotta in maniera sregolata dall’organismo, come avviene in caso di stati infiammatori dell’apparato respiratorio (Melzig, 20011; Gehrmann, 20022, Pettersen, 20023). L’estratto di Grindelia può essere un’utile risorsa che la natura mette a disposizione per aiutare a combattere gli stati di raffreddamento e tosse che ancora affliggono tante persone durante la stagione primaverile.


1 Melzig MF, Löser B. Ciesielski S. 2001. Inhibition of neutrophil elastase activity by phenolic compounds from plants. Pharmazie. 2001 Dec;56(12):967-70.
2 Gehrmann B, Melzig MF. 2002. Re-evaluation studies on Grindelia robusta Nutt. Revista de Fitoterapia 2, Suppl.1 91
3 Pettersen CA, Adler KB. 2002. Airways Inflammation and COPD: Epithelial-Neutrophil Interactions. Chest, 121; 142-150.

Dalle brassicacee un importante aiuto per combattere lo stress ossidativo

Le brassicacee sono molto apprezzate ed utilizzate da sempre nella cucina italiana. Recenti ricerche hanno sottolineato le molteplici proprietà benefiche per il nostro organismo da parte dei vegetali di questa famiglia (broccoli, cavolini di Bruxelles, cavolfiori, rape, cavolo nero) soprattutto nel contrastare lo stress ossidativo, principale imputato nei processi di invecchiamento e nell’insorgenza di numerosi patologie.

Le specie reattive dell’ossigeno (ROS) si formano all’interno delle cellule come conseguenza della normale attività metabolica. Sono molecole molto reattive che, quando presenti in piccola quantità, risultano indispensabili in quanto contribuiscono a combattere le infezioni, a controllare il tono della muscolatura liscia per il buon funzionamento degli organi e dei vasi sanguigni, e funzionano come molecole segnale all’interno della cellula. Viceversa, se prodotte in quantità eccessiva possono diventare pericolose. Infatti, un eccesso di ROS e, in generale, di radicali liberi, può determinare uno stress ossidativo.

Un eccesso di produzione di radicali liberi può essere generato da inquinamento dell’ariafumo di sigaretta, luce ultravioletta, attività sportiva senza allenamento, alimentazione scorretta.

Esistono diverse strategie da adottare per limitare i danni associati ad un aumento eccessivo di radicali liberi come, per esempio,  lo svolgimento di una regolare attività fisica a bassa/media intensità, l’astensione dal fumo, dall’eccesso di alcool e dall’esposizione prolungata ai raggi solari.

Particolarmente importante è anche una regolare assunzione di antiossidanti, molecole naturalmente contenute in molti alimenti, ed in particolare in frutta e verdura, che hanno il compito di combattere i radicali liberi. Tra le diverse molecole antiossidanti, grande rilevanza stanno assumendo gli isotiocianati, caratteristici dei vegetali della famiglia delle sopracitate brassicaceae.

A questo proposito, un gruppo di ricerca italiano (Riso P. et al.; 2009) ha condotto uno studio di intervento su 20 individui di sesso maschile, fumatori e non fumatori, valutando gli effetti dell’introduzione di sulfurafane (SF), il più importante tra gli isotiocianati.

I soggetti introducevano per 10 giorni consecutivi 200 μmol di SF/al giorno in aggiunta alla loro Dieta abituale (dieta supplementata). Dopo un periodo di interruzione di 20 giorni, ogni soggetto seguiva per ulteriori 10 giorni la propria Dieta abituale, ma priva di vegetali appartenenti alla famiglia delle brassicacee (dieta controllata). Nello stesso soggetto sono stati quindi comparati alcuni indici di danno ossidativo confrontando il periodo a Dieta supplementata con quello a Dieta controllata.

Le analisi eseguite hanno evidenziato che la supplementazione con SF era associata al miglioramento dei parametri di danno ossidativo a livello del DNA, miglioramento particolarmente evidente nei soggetti fumatori. In conclusione, i risultati di questa sperimentazione sostengono l’ipotesi che l’assunzione giornaliera di isotiocianati (sulforafane) da Brassicacee eserciterebbe un importante effetto benefico nei confronti del danno ossidativo al DNA, spesso dovuto a comportamenti scorretti, come l’abitudine al fumo.

Riferimenti Bibliografici
Riso P, Martini D, Visioli D, Martinetti A, Porrini M. Effect of Broccoli Intake on Markers Related to Oxidative Stress and Cancer Risk in Healthy Smokers and Nonsmokers. Nutrition and Cancer, 61(2), 232–237,2009.

Stress e umore nero da rientro? Un aiuto dall’Hypericum

Con l’autunno ormai alle porte e il ritorno in ufficio, o in home-office per chi è ancora in smart working, calo dell’umore, stanchezza e affaticamento mentale sono i grandi nemici di questa stagione. Un aiuto può venire dagli integratori a base di iperico. L’Osservatorio di Integratori Italia ne chiarisce il ruolo.

I mesi autunnali rappresentano un periodo delicato che richiede al nostro organismo di adattarsi ai cambiamenti pur mantenendo ritmi sostenuti, talvolta stressanti. È abbastanza comune, in questi ultimi mesi dell’anno, avvertire un calo di energia, faticare a concentrarsi nel lavoro e nelle attività di ogni giorno: si tratta di una normale risposta fisiologica del nostro organismo.

L’Osservatorio di Integratori Italia segnala l’Hypericum perforatum, comunemente noto come iperico o erba di San Giovanni, pianta della famiglia delle Hypericaceae, diffusa in tutta Europa. Il nome erba di San Giovanni deriva dal fatto che veniva usata in modo rituale nella notte del 24giugno, dedicata a questo santo.

L’iperico è incluso dal Ministero della Salute nella lista delle piante ammesse negli integratori alimentari –se ne utilizzano la parte aerea con i fiori, i fiori e le sommità. L’uso dell’iperico nella medicina tradizionale riguarda principalmente il miglioramento del tono dell’umore, della stanchezza mentale temporanea, il trattamento di infiammazioni blande della pelle e delle ferite minori e il miglioramento di disturbi gastrointestinali.2,3 Secondo le Linee Guida ministeriali normale tono dell’umore, rilassamento e benessere mentale sono i principali benefici di questa pianta1.

L’attività dell’iperico si basa su alcune molecole appartenenti a classi chimiche diverse: le più note sono l’ipericina (un antrachinone) e l’iperforina (un chetone terpenico ciclico). L’ipericina contribuisce a sostenere l’umore.

Bisogna ricordare che gli integratori sono alimenti e non farmaci, e che è necessario armonizzare il loro utilizzo nell’ambito di corretti stili di vita e di una dieta sana ed equilibrata. Tuttavia, l’Hypericum perforatum va assunto responsabilmente Si deve porre attenzione all’assunzione in contemporanea con altri farmaci, di cui può modificare la biodisponibilità (es. antidepressivi, pillola anticoncezionale e alcuni farmaci anticoagulanti). È controindicato in età pediatrica e nell’adolescenza. Per qualsiasi dubbio comunque è sempre bene chiedere consiglio al proprio medico o al farmacista di fiducia.

Ruolo positivo delle proteine vegetali sulla pressione arteriosa

Come è ormai noto, elevati valori di pressione arteriosa (PA) aumentano il rischio di eventi morbosi quali infarto del miocardio ed ictus. L’ipertensione è oggi un fattore di rischio assai diffuso nelle popolazioni occidentali: tenere controllata la pressione arteriosa è quindi importante, e significa in numerosi casi dover assumere farmaci.

Una modifica delle abitudini alimentari può contribuire in modo significativo a controllare i valori pressori. Oltre alla nota relazione tra consumo di sodio ed ipertensione, da cui la raccomandazione a seguire diete iposodiche, dati scientifici recenti indicano la presenza di una relazione inversa tra il consumo di proteine vegetali e i livelli pressori.

In particolare, in uno studio recente Stamler e collaboratori (2009) è stato evidenziato che l’elevata introduzione degli amminoacidi acido glutammico, prolina, fenilalanina, serina e cisteina si associa a bassi livelli di PA. E’ da notare che tutti quelli citati sono amminoacidi presenti in concentrazione molto più elevata nelle proteine vegetali (es fagioli, soia e legumi in generale) rispetto a quelle animali (ricordiamo che, oltre che con l’alimentazione, le proteine vegetali possono essere assunte, in alcuni casi specifici, anche con integratori).
Nel corso dello studio, i ricercatori hanno analizzato i dati di 4680 persone di età compresa tra i 40 ed i 59 anni provenienti da 17 aree rurali e urbane di Cina, Giappone, Stati Uniti e Regno Unito. In ogni soggetto è stata valuta la pressione ogni settimana per 2 mesi consecutivi, sono state analizzate le urine ed è stato valutato il regime dietetico mediante questionari alimentari.
Al termine della ricerca, si è riscontrato che elevati livelli di introduzione giornaliera di acido glutammico (4,72% in più sul totale delle proteine assunte con la dieta) erano correlati a livelli di PA più bassi rispetto alla media; anche l’elevata introduzione degli amminoacidi prolina, fenilalanina, serina e cisteina è risultata correlata a livelli pressori più bassi.

I dati emersi dallo studio indicherebbero quindi che un aumento del consumo giornaliero di proteine vegetali possa essere d’aiuto nell’ottimizzazione della regolazione della pressione arteriosa.

Riferimenti Bibliografici

Stamler, J., Brown, I.J., Daviglus, M.L., Chan, Q., Kesteloot, H., Ueshima, H., Zhao, L., Elliott, P. Glutamic Acid, the Main Dietary Amino Acid, and Blood Pressure. The INTERMAP Study (International Collaborative Study of Macronutrients, Micronutrients and Blood Pressure). Circulation. 2009

Le numerose virtù della VITE da VINO (Vitis vinifera)

Sono moltissimi gli alimenti che potrebbero essere definiti funzionali, ad es. vino rosso, soia, mandorle, olio di oliva, salsa di pomodoro, nocciole, pesce. Ma quando un alimento è funzionale? Si può definire così se è dimostrato con sufficiente chiarezza il suo effetto positivo su una o più funzioni dell’organismo, in maniera tale da essere rilevante per il miglioramento dello stato di salute o il benessere dell’organismo; deve inoltre poter esercitare i suoi effetti sulla base di un normale consumo e non deve necessariamente esercitare effetti su tutta la popolazione (cfr. EC Concerted Action on Functional Food Science in Europe – FUFOSE).

Tra gli alimenti funzionali, il vino rosso si distingue per le diverse attività benefiche per l’organismo. La vite da vino è originaria del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente ed è attualmente coltivata in molti paesi del mondo a clima temperato. E’ una pianta ricca di antocianosidi, flavonoidi e tannini. Contiene quindi una buona dose di polifenoli totali nonché di acidi organici, a loro volta dotati di azione antiossidante/antiradicalica.

Ricordiamo alcune delle sue funzioni:

  • azione venoprotettiva: la vitis vinifera è conosciuta da tempo per avere una valida azione protettiva sui vasi venosi, tonica e protettiva sui capillari. Le sostanze presenti nella pianta si fissano sulla membrana cellulare delle cellule dell’endotelio vasale, che è lo strato più interno della parete vasale a diretto contatto col sangue, contribuendo così a stabilizzarla e a proteggerla contro le aggressioni enzimatiche. Inoltre gli antocianosidi favoriscono l’attività biologica della vitamina C e stimolano l’attività dei sistemi enzimatici che intervengono nella sintesi del collageno.A questo proposito, sono stati effettuati alcuni studi clinici su pazienti affetti da insufficienza venosa moderata, per valutare se questi dati ottenuti in vitro fossero trasferibili anche in vivo nell’uomo. Essi hanno dimostrato, mediante una tecnica chiamata pletismografia, una diminuzione del 20% del tempo di riempimento dei vasi capillari e un miglioramento della velocità di scorrimento del sangue nel letto capillare del 30%, dopo 3 mesi di assunzione di 120 mg. al giorno di estratto di vite. Si ha dunque velocizzazione del flusso sanguigno capillare, il che consente di migliorare l’ossigenazione dei tessuti.
  • Azione cardioprotettiva e capillaroprotettiva: questa attività è legata alla sua potente azione antiradicalica, grazie alla quale si ha una maggior formazione di sostanze capaci di dilatare i vasi sanguigni. Inoltre gli antocianosidi contenuti del vino rosso riducono l’ossidazione del colesterolo LDL (quello cattivo), ostacolando la sua precipitazione nelle pareti dei vasi sanguigni. E’ proprio questa ossidazione la causa iniziale dell’ateriosclerosi.

Il paradosso francese

Le sostanze contenute nel vino ridurrebbero inoltre l’aggregazione piastrinica. Un consumo moderato di vino rosso, ma anche di frutta e verdura, in certe regioni della Francia, potrebbe contribuire in modo significativo alla spiegazione del cosiddetto paradosso francese, fenomeno per il quale in queste regioni il rischio di morte per malattie cardiovascolari è nettamente inferiore rispetto altre, nonostante che in esse il consumo alimentare di grassi sia piuttosto elevato e così come pure i livelli di colesterolo nella popolazione.

Un interessante studio clinico di popolazione ha indagato la mortalità di soggetti bevitori di alcolici in California. Sono stati arruolati 128.934 soggetti, dei quali si valutavano lo stile di vita, le condizioni sociodemografiche, le abitudini, l’alimentazione e la storia sanitaria tramite un questionario apposito. Essi venivano divisi in bevitori di solo vino rosso (3.128), di solo vino bianco (10.762), sia di vino bianco sia di vino rosso (15.461), di altri tipi di vino (4.619), di vino ma che non avevano indicato il tipo di vino (33.388), di altre bevande come birra e liquori (68.411). Questi soggetti venivano seguiti per 10 anni, registrando tutte le cause di morte. I dati hanno mostrato che i forti bevitori avevano una mortalità superiore a quella dei moderati bevitori, i quali ultimi avevano una mortalità inferiore ai non bevitori. In conclusione, lo studio conferma i dati presentati da moltissimi altri studi clinici, che indicano una riduzione della mortalità cardiovascolare per i moderati bevitori di vino rosso, specialmente se di sesso femminile. Attualmente si ritiene che la dose giornaliera ottimale di vino rosso sia di circa 200-220 ml nella donna e di 250-270 ml nell’uomo.

Gli integratori alimentari a base di Vitis Vinifera

A differenza degli alimenti funzionali, gli integratori alimentari sono invece fonti concentrate di nutrienti o altre sostanze con effetto nutrizionale, ad esempio vitamine, minerali, ecc. o fisiologico (ad esempio estratti vegetali), il cui scopo è di supplementare, integrare la normale Dieta e contribuire al benessere dell’organismo e si presentano solitamente in forme predosate. L’Estratto di Vitis Vinifera è contenuto in numerosi integratori alimentari ed è utile per l’attività del microcircolo e del circolo venoso, svolge un’attività antiossidante e migliora il trofismo dei tessuti (per saperne di più: rimando a Proteggere i vasi venosi dalla calura estiva)

a cura del dottor Antonello Sannia, specialista in Endocrinologia, presidente Società Italiana di Medicina Naturale

Le nuove frontiere dell’alimentazione: Nutrigenomica e Nutraceutica

Il cibo non è solo un mezzo di sostentamento. Da diversi anni ormai è sempre più visto come un’importante fonte di piacere, per il palato e per lo spirito; come una fonte di autogratificazione capace di rendere migliori le nostre giornate. Non solo…Il cibo è sempre di più salute, un potentissimo mezzo a nostra disposizione per salvaguardare l’organismo a mantenere uno stato di benessere. Lo conferma anche la comunità scientifica che negli ultimi tempi orienta le sue ricerche sull’alimentazione e sul controllo dello stile di vita.
Molte patologie degenerative, infatti, sono correlate, positivamente e negativamente, all’alimentazione e l’interazione, nutrienti-organismo potrebbe definire, nell’arco della vita, l’equilibrio tra salute e malattia.*
Sulla scia di questo trend, negli ultimi anni, sono nate nuove discipline che uniscono scienza e alimentazione e utilizzano le metodologie e le strumentazioni più moderne per identificare le molecole di alimenti che possono ridurre il rischio dell’insorgenza di patologie e per caratterizzarne i meccanismi di azione: la nutrigenomica e la nutriceutica.*

La nutrigenomica è la scienza che studia i modi in cui il cibo interagisce con il nostro DNA. Le scelte nutrizionali sono infatti in grado di influenzare l’evoluzione del nostro codice genetico massimizzandone, ove possibile, il potenziale e riducendo il rischio di contrarre malattie. Secondo la nutrigenomica, attraverso la mappatura dei geni, è possibile identificare gli alimenti che possono avere effetti positivi o negativi sulla nostra salute, aiutandoci a proteggere l’organismo, a conservare la salute e ritardare l’invecchiamento.
“Che il cibo sia la tua medicina, che la medicina sia il tuo cibo” è infatti la filosofia alla base della di questa nuova scienza, grazie alla quale, a breve, ognuno di noi avrà a disposizione una Dieta personalizzata che potrà essere coadiuvata da integratori alimentari realizzati su misura tenendo conto del corredo genetico e della predisposizione verso alcune patologie.
E’ recentissima la notizia che negli Stati Uniti è stato messo appunto un test del DNA che permetterebbe di identificare, per ognuno di noi, la Dieta migliore per aiutarci ad invecchiare meglio. Il test sarebbe infatti in grado di identificare una cinquantina di mutazioni genetiche responsabili di 8 diversi processi d’invecchiamento. Per realizzarlo, basta un semplice prelievo di mucosa orale grazie al quale è possibile verificare se nei geni in essa contenuti vi sono alterazioni. In base ai risultati si possono quindi individuare quegli alimenti che possono riparare o ritardare tali anomalie.

La nutraceutica è invece la scienza che studia gli estratti di piante, animali, minerali e microrganismi, che hanno una funzione benefica sulla salute. La definizione di “nutraceutica” è stata ideata dal Dott. Stephen De Felice al termine degli anni Ottanta; si tratta quindi di un settore di ricerca giovane e in grande fermento. Dalla prima definizione, il significato del termine “nutraceutica” ha subito diverse modifiche, tanto che il ministero Canadese della Sanità ha ritenuto opportuno ridefinire alcuni concetti; oggi per “prodotto nutraceutico”, s’intende “un prodotto isolato o purificato dagli alimenti, generalmente venduto sotto forma di medicinale, e di solito non associato agli alimenti, che sia dimostrato possa fornire un effetto benefico fisiologico o una protezione contro malattie croniche”.
Fra gli alimenti più studiati da questa nuova disciplina, ve ne sono alcuni che sembrerebbero essere utili nel contrastare alcune delle patologie più diffuse nella società moderna: ad esempio i lupini, che avrebbero evidenziato effetti positivi sul controllo del colesterolo e della pressione; la soia anch’essa utile nel controllo del colesterolo; il cioccolato amaro che avrebbe dimostrato effetti benefici anche sulla pressione; la berberina, una piante appartenente alla famiglia delle peonie che sta rivelando un azione positiva contro il Diabete e la papaya che avrebbe evidenziato un ruolo positivo nei processi di cicatrizzazione della cute.
Di recente, a metà febbraio si è tenuto a Milano anche il primo congresso nazionale della Società Italiana di Nutraceutica, un’associazione senza fini di lucro costituita con l’obiettivo di promuovere ricerche e studi in ambito nutraceutico. *

*(fonte: Sapienza Innovazione – Centro di nutrigenomica e nutraceutica – Università la Sapienza) *(fonte: Sinut)